09/03/10

Obama supera Bush per numero di espulsioni

Gruppi di difesa degli immigrati negli Stati Uniti, hanno denunciato  che le deportazioni  sono aumentate del 50% sotto la presidenza di Barack Obama, il quale, si era detto disponibile ad impegnarsi per una riforma dell'immigrazione.
Durante l'anno trascorso,, 387,790 persone sono state deportate dagli Stati Uniti. Un anno fa, sotto la guida di George W. Bush, le deportazioni erano state 264,503, dichiara Angelica Salas, direttrice della Coalizione per i diritti degli immigrati di Los Angeles (CHIRLA).
"Al Presidente Obama chiediamo la cessazione immediata delle espulsioni ed è necessario la sua leadership per far avanzare la riforma in materia di immigrazione", ha dichiarato Salas ai giornalisti.
CHIRLA e le altre organizzazioni presenti al convegno hanno annunciato di voler partecipare a una marcia il 21 marzo a Washington per rilanciare il dibattito sulla riforma dell'immigrazione, dove gli organizzatori sperano di radunare decine di migliaia di persone.
Pramila Jayapal, direttore dell'organizzazione One America, ha detto che concretizzare la riforma in materia di immigrazione che legalizzi i quasi undici milioni di immigrati irregolari, che vivono in America, porterebbe benefici economici al paese.

05/03/10

Venezuela: in 10 anni, l'indice di povertà dal 70% al 23%.

Il dato è stato confermato dal Presidente dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), Elias Eljuri.
La povertà in Venezuela è scesa al 23% nel secondo semestre del 2009, mentre nel 1996 aveva raggiunto fino al 70%, e con condizioni di estrema povertà al 40%, ora  invece al 6%, con un'inflazione record del 103%. Dati drammatici relativi alla gestione dell'allora presidente Rafael Caldera, mentre Teodoro Petkoff, attualmente redattore di un giornale di opposizione e molto critico nei confronti della rivoluzione bolivariana, era capo dell'Ufficio centrale di coordinamento e pianificazione della Presidenza della Repubblica (Cordiplan), cosa che alcuni politici e intellettuali oppositori al governo in carica, sembrano dimenticare facilmente.

02/03/10

Sri Lanka: grave conflitto politico

Si sperava che la fine del conflitto interno con la definitiva sconfitta militare delle Tigri di Liberazione del Tamil Eelam (LTTE), avvenuta il maggio scorso, potesse portare finalmente pace e riconciliazione nel paese asiatico, dopo quasi 30 anni di sofferenze.
Ma il sogno di tanto auspicato ritorno ad un pacifico confronto politico, convolgendo anche la comunità tamil, è subito svanito.
A partire delle elezioni presidenziali del 26 gennaio scorso, anticipate di 2 anni per la forte volontà  dal presidente Mahinda Rajapakse, che voleva capitalizzare in fretta il consenso ottenuto grazie alla vittoria militare, e guadagnare così il potere assoluto.
A mettere il bastone tra le ruote al suo progetto è stata la candidatura, alla presidenza, da parte di alcune forze di opposizione, del generale Sarath Fonseka, il vero artefice della vittoria militare sulle tigri e promotore di alcune proposte per una rapida riconciliazione del paese.
Le elezioni presidenziali sono state vinte da Mahinda Rajapakse, con gravi accuse di brogli e di utilizzo improprio di fondi pubblici, di uso privato dei mezzi di comunicazione pubblici e di tutte le forze di sicurezza, utilizzate a favore della propria campagna elettorale e per intimorire gli elettori.
Il generale Sarath Fonseka, dopo la "sconfitta" è stato subito arrestato per impedirgli di denunciare la non corretta elezione, e per impedirgli di partecipare alle prossime elezioni generali, anche queste anticipate al 8 aprile. Sono stati messi i bavagli alla stampa e non si hanno più notizie, da 45 giorni, di Eknaligoda, giornalista del LANKA E NEWS.
Il 19 febbraio il quartiere generale del Janatha Vimukthi Peranuma (JVP), il terzo partito dello Sri Lanka, è stato accerchiato dalla polizia, ma i militanti e i leader del JVP, hanno resistito impedendo alla polizia di entrare nella sede.
La crisi politica nell’isola assume un quadro sempre più preoccupante: nella capitale si registrano scontri fra simpatizzanti dell’opposizione e sostenitori del governo; il fronte anti-Rajapaksa conferma la “battaglia legale” contro “l’arresto arbitrario” del generale Sarath Fonseka, il quale rifiuta il cibo che gli viene offerto in carcere nel timore di essere avvelenato.
Migliaia di manifestanti anti-governativi hanno bruciato le immagini del presidente Rajapaksa e hanno chiesto la liberazione del generale Fonseka. I dimostranti sono stati attaccati dai sostenitori del governo, con lanci di pietre e sassi, molti uffici dell'opposizione sono stati assaliti e dati alle fiamme.
Intanto il presidente ha annunciato lo scioglimento del Parlamento in vista delle elezioni generali per l’8 aprile. L’obiettivo è assicurarsi una maggioranza dei due-terzi, per ottenere il controllo assoluto del Paese.