30/12/09

BOLIVIA: nasce l'Assemblea Multinazionale


In Bolivia oltre a finire il vecchio anno, chiude anche il Congresso formato dalle Camere del Senato e del Deputati, per dare vita ad una Assemblea Legislativa Multinazionale, con l'oboettivo di fare dellla Bolivia uno stato socialista, 184 anni dopo la sua fondazione come una repubblica.
Senatori e Deputati sono stati convocati per chiudere "una struttura vecchia da stato neo-liberale" e cedere il passo ad uno  "Stato Multinazionale, regionale, sociale della comunità", ha comunicato il Vice Presidente Alvaro Garcia Linera, Presidente del Congresso.
L'ultima sessione del Parlamento 157 (27 senatori e 130 deputati), eletto nel 2005 sarà sostituito dal Legislativo di 36 senatori e 130 deputati, eletti nelle ultime elezioni del 6 dicembre, con parità di genere e una forte rappresentanza indigena, con il compito primario, di completare il processo di transizione, iniziato nel mese di febbraio, dopo l'approvazione con referendum della nuova costituzione.
Dopo la sua vittoria con il 64 % dei 4,4 milioni voti nelle ultime elezioni, il Movimento al Socialismo (MAS), dispone di 115 rappresentanti (26 senatori e 89 deputati) che garantisce la maggioranza dell'Assemblea.

Tra i molti progetti ereditati dalla vecchia legislatura, c'è la creazione di una nuova organizzazione amministrativa dello Stato che, dopo l'attuazione del sistema di autonomia dal 2010, avrà sei livelli di governo: nazionali, dipartimentali, regionali, provinciali, comunali e locali.

Una nuova agenzia


È partita alla grande la nuova e prima agenzia pubblica dell'Ecuador, con 1300 visite in 15 ore.
Vi segnalo dunque questa altra indipendente fonte di notizie dall'Ecuador: ANDES

28/12/09

Gaza Freedom March bloccata al Cairo



Da tutto il mondo è stata organizzata per fine anno la Gaza Freedom March.
Un iniziativa per essere al fianco della popolazione civile palestinese e chiedere la fine dell'assedio a Gaza. Alla marcia hanno dato l'adesione più di 1300 persone tra cui 140 italiani.
Nelle ultime ore, con il pretesto di un aumento delle tensioni sul confine tra Gaza ed Egitto, il Ministero degli Esteri egiziano ha informato che il confine di Rafah sarà chiuso nelle prossime settimane e hanno fatto sapere agli organizzatori che non intendono aprire il valico di Rafah per permettere ai partecipanti alla marcia, provenienti da ben 42 paesi, di entrare nella Striscia di Gaza per la Gaza Freedom March.
Più di mille partecipanti al Gaza Freedom Marchers si sono radunati in Tahrir Square, al Cairo, dopo che le autorità hanno vietato assemblamenti al chiuso, per chiedere il ritiro del divieto.
Stessa difficoltà anche per la carovana Viva Palestina, composta da 150 automezzi, che cercherà anch'essa di raggiungere Gaza, passando però dalla Giordania, per portare medicinali e solidarietà attiva alla popolazione assediata della Striscia. 


ULTIMA ORA (da www.infopal.it):
Il Cairo. "Polizia egiziana sequestra pullman attivisti italiani e francesi e sta impedendo di prendere i taxi per arrivare all'ambasciata italiana al Cairo".
Gli attivisti chiedono di telefonare alla Farnesina 06 36225.
All'ambasciata egiziana in Italia: 06 8440191.
All'ambasciata italiana al Cairo: 0020 101994599.
Al consolato d'Egitto a Milano: 02  29518194 o 02 29516360


22/12/09

Infanzia felice sotto bloqueo


Il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), lunedì ha segnalato nel suo rapporto, che Cuba è l'unico paese dell'America Latina e dei Caraibi, che ha eliminato la grave malnutrizione infantile.
L'agenzia denuncia che esistono nel mondo, nei paesi in via di sviluppo più di 140 milioni di bambini sotto i 5 anni in uno stato di impoverimento e malnutrizione, che contrasta con la realtà dei bambini nell'isola. Cuba, pur non essendo un paese ricco, non ha problemi di grave malnutrizione infantile grazie agli sforzi dello Stato cubano per migliorare la dieta, specialmente dei gruppi particolarmente vulnerabili.
Soprattutto si mantiene una costante vigilanza sui mezzi di sussistenza per i bambini e i giovani, segnala l'UNICEF, aggiungendo che anche l'isola non è immune a mancanze, difficoltà e limitazioni, soprattutto dovute a causa del bloqueo statunitense.


20/12/09

Invasione di Panama, 20 anni fa.


Alla sera del 19 dicembre 1989, inizia l'ennesima invasione di Panama da parte degli Stati Uniti. Dal 1855 dovrebbe essere la tredicesima volta che invadono il paese centroamericano.
Quest'ultima fu nominata Operazione Giusta Causa con lo scopo presunto di estromettere il Generale Noriega, accusato di essere un trafficante di droga, che aveva assunto la presidenza del paese il 16 dicembre.
Al completamento, il 20 dicembre, l'allora presidente George Bush annuncia al mondo, dalla Casa Bianca, che aveva avviato questa nuova operazione chirurgica contro un popolo che si era scontrato più volte contro la presenza militare nordamericana sul suo territorio, presente da decenni da più di una dozzina di basi militari dislocate alle porte della sua capitale, sulla costa del Pacifico e sui Caraibi.
Bastava attraversare il Ponte delle Americhe, per trovare basi navali, aeree e di fanteria, da dove per decenni sono partite migliaia di operazioni di spionaggio contro i paesi della regione, partecipando attivamente alla guerra sporca contro il Nicaragua ed i movimenti ribelli in Honduras, Guatemala e El Salvador.

Dalle basi Rodman, Koob, Howard, Albrook Field, nei mesi precedenti all'invasione, partivano in continuazione raid militari Usa provocatori, anche contro il quartier generale panamense. In uno di questi ci fu la morte di uno soldato dell'esercito degli Stati Uniti, rendendo ancora più tesa la situazione e creando le condizioni per l'occupazione.
Ancora oggi non si conoscono i mumeri reali di questi massacri, sono pochissimi  le testimonianze dirette della stampainternazionale
. Anche le ambasciate e le organizzazioni internazionali accreditate , furono poste immediatamente sotto assedio e limitate le loro possibilità di movimento, anche per evitare che fuggitivi, membri del governo o semplici cittadini potessero trovarvi rifugio.

18/12/09

Aminattou Haidar tornata a casa!



Aminattou Haidar l'attivista pacifista del Sahara Occidentale, molto stremata per lo sciopero della fame, è tornata a casa. Dopo 32 giorni di digiuno con l'eccezione di acqua a zucchero, le sue condizioni restano disperate, ma adesso ha ripreso a nutrirsi e i medici dicono che potrebbe farcela. 
"Questo è un trionfo della diritto internazionale, dei diritti umani, della giustizia internazionale e per la causa del Sahara Occidentale", ha detto la Haidar prima di partire dall'aeroporto di Lanzarote, alle Canarie dove era stata deportata dalle autorità marocchine il 16 novembre scorso.
Il Marocco risponde con la repressione

Le strade di pietra nel quartiere dove vive a El Aaiún, capitale del Sahara occidentale, sono stati ieri terreno di tensioni, con l'azione della polizia antisommossa e dei marocchini, che sono scesi in strada in forze, adiacente alla casa dell'attivista, per impedire a chiunque di avvicinarsi a lei. A quella invasione c'è stata una reazione da parte dei residenti del quartiere, che hanno risposto lanciando pietre ed è bastato
la presenza di un piccolo gruppo di giornalisti per attirare un gruppo di adolescenti gridando Viva Polisario!
La repressione contro i giovani saharawi in festa, è andata avanti tutta la notte in vari quartieri della capitale.

16/12/09

1830: muore Simón Bolívar, el libertador.

Nato a Caracas, capitale del Venezuela, da una ricca famiglia spagnola, il 24 luglio 1783 ,Simon Bolivar  era stato educato secondo le idee dell'Illuminismo avendo vissuto in Spagna, visitato gli Stati Uniti, percorso Francia, Italia e conosciuto da vicino la Rivoluzione francese e l'ascesa di Napoleone.
Bolívar riuniva in sè il pragmatismo dei ricchi creoli di Caracas e il patriottismo idealista e lo sforzo illuministico, al fine di conoscere la realtà americana e progettare un futuro politico indipendente.
Si ispirò anche ai principi della rivoluzione nordamericana, scorgendo  però, nella nascente potenza degli Stati Uniti il pericolo di un nuovo imperialismo a danno del Sudamerica al punto di scrivere nella sua "Lettera guatemalteca alla Royal Gazzette del 1815" che "gli Stati Uniti sembrano destinati dalla Provvidenza a piegare con la fame e la miseria l'America intera in nome della libertà."
Dal 1812 in poi partecipò alle prime esperienze rivoluzionarie indipendentiste, scoprendosi valente stratega militare per diventare alla fine il principale protagonista delle  varie guerre di liberazione dal colonialismo spagnolo.
Nel 1819 Bolìvar propose la nascita di una grande nazione, costituita dai territori dell’antico vicereame della Nueva Granata, cioè le attuali Venezuela, Colombia ed Ecuador chiamata Gran Colombia.
Egli fu nominato presidente provvisorio, fino alla conclusione delle guerre di liberazione che portarono prima il Venezuela e poi la Colombia all'indipendenza.
Nel 1824 iniziò la campagna che portò alla liberazione dell'Alto Perù (l'attuale Bolivia). Completata l'opera per l'indipendenza, egli istituì un complesso potere legislativo formato di tre Camere: tribuni, senatori e censori, e un presidente vitalizio che nominava il suo successore. 
Simón Bolívar aveva sognato, la possibilità che i paesi latinoamericani appena resisi indipendenti coordinassero i loro sforzi e costituissero una vera forza nel panorama politico internazionale. Bolívar propose una di unire i territori dell'antico vicereame di Nueva Granada con Bolivia e Perú.
Un'altra sua aspirazione era quello di riunire nell'istmo di Panama tutti i neonati paesi ispanici e di fare un "Congreso Anfictiónico". Tutto questo per arrivare a alla realizzazione di una Federazione che comprendesse tutti i paesi del Sudamerica, con un esercito ed una flotta federali. Una sorta di Società delle Nazioni, i cui punti principali comprendessero la neutralità perpetua, l'inclusione del diritto internazionale nella legislazione di ogni paese, l'abolizione della schiavitù, un'organizzazione democratica interna e sanzioni contro i violatori di questi principi.
Bolívar, fu dunque un eroe romantico, un idealista che lottò non solo per la libertà, ma anche per modernizzare e sviluppare la politica sociale dell'America Latina. I suoi sogni però non si realizzarono.
Infatti, l'indipendenza non fu una vera rivoluzione sociale, bensì il passaggio di consegne dagli spagnoli ai creoli. Le oligarchie locali non vedevano i vantaggi della cooperazione delle tre unità regionali, con pochi legami comuni, e non accettavano neanche il nuovo ruolo sociale e politico degli ufficiali degli eserciti vincitori. Nel dicembre del 1829, Juan Antonio Páez, che comandava il movimento secessionista in Venezuela, ritirò definitivamente il suo paese dalla Gran Colombia. Juan José Flores fece lo stesso con l'Ecuador. Il nome "Colombia" lo conservò la Nueva Granada, con capitale a Bogotá.
A marzo di quell'anno, il Libertador, malato, si dimise e si ritirò verso la costa con l'intenzione di imbarcarsi verso l'Europa. Tuttavia, morì in breve tempo, nel dicembre del 1830, nell'isola di Santa Marta, amareggiato nel vedere resi vani tutti i suoi sforzi.
A 179 anni dalla sua morte, sembra proprio che sia  Hugo Chavez, un'altro venezuelano, l'erede a cui toccherà completare l'opera di Bolivar per la nascita di un nuovo assetto latino-americano.

13/12/09

Disposta a morire in aeroporto


In sciopero della fame da un mese per poter rientrare nel proprio paese e dopo aver rifiutato sia l'asilo politico, che la cittadinanza offerti dal governo spagnolo.
L'attivista saharawi, il 13 novembre scorso era stata respinta dalle autorità marocchine all'aeroporto della sua citta, El Aaiún, di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, per aver indicato sul documento di entrata la nazionalità saharawi e imbarcata su un aereo per le Canarie.
Aminattou Haidar
si batte per l'indipendenza del Sahara Occidentale, l'ex-colonia spagnola occupata dal Marocco subito dopo la sua indipendenza nel 1975. È un’attivista dei diritti umani e una dei leader della protesta popolare e nonviolenta che serpeggia nei territori occupati del Sahara Occidentale dal maggio dello scorso anno.
Arrestata una prima volta nel 1987, è scomparsa per quasi quattro anni in una prigione segreta, dove ha subito violenze e torture di ogni tipo. Liberata, ha animato il movimento per i diritti umani, nonostante la repressione e le intimidazioni. Nel giugno 2005, ad
El Aaiún è stata picchiata a sangue nel corso di una manifestazione pacifica, portata in ospedale da un amico, arrestata e mandata direttamente in carcere, dove ha subito nuove violenze e liberata dopo 7 mesi. Da allora non smette di denunciare la situazione dei territori occupati. Grazie a una campagna internazionale, ha ottenuto il passaporto per poter uscire dalla colonia e testimoniare la situazione di tutti i saharawi, praticamente svolgendo il ruolo di ambasciatore della causa saharawi nel mondo, comprese alcune visite in Italia.

Una luminosa ALBA compie 5 anni


10/12/09

Dopo Pepe, Evo.




Dopo la riconferma del Frente Amplio in Uruguay, con Pepe Mujica, che ha vinto il ballottaggio  per la Presidenza del paese, conquistando il 53% dei consensi, quasi 10 punti in più rispetto al suo avversario, anche Evo Morales in Bolivia è stato riconfermato con più del 60% dei voti.
È importante vedere come l'onda progressista in Amerca Latina, a dispetto di tutte le aggressioni da parte della destra reazionaria e i grandi mezzi messi a disposizione dalle oligarchie e dalle forze imperialiste, ha continuato per la sua strada convincendo e rafforzandosi, conquistando anche le maggioranze parlamentari che permetteranno di governare con ancora più efficacia.
A differenza di quella tragica farsa avvenuta in Honduras, in Uruguay e in Bolivia si sono svolte due elezioni alla luce del sole, con una altissima affluenza e partecipazione, a dimostrare che la svolta socialista del continente forse solo si può fermare con golpi militari.

02/12/09

Bhopal 25 anni dopo



Sono passati 25 anni dal peggior disastro industriale (conosciuto) della storia. 
Era la notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, a Bhopal, in India, circa quaranta tonnellate di gas letali fuoriuscirono dalla fabbrica di pesticidi della Union Carbide, oggi di proprietà della Dow Chemical.
Una incrostazione nelle tubature fa sì che l’acqua usata per pulirle finisca in una cisterna di isociananto di metile (Mic). Unito all’acqua, il Mic reagisce e, non trovando sulla sua strada nessun ostacolo, neppure la fiamma del bruciatore della torre di decontaminazione che dovrebbe incendiarlo, ma che invece è spenta, inizia a premere sulle valvole esterne. La pressione è tale che le valvole saltano e l’acido isocianico, creato dalla reazione di Mic e acqua, forma un gaiser sopra l’impianto. Il vento forte lo spinge verso la bidonville vicina, dove vivono ammassati molti poveri.  
Le stime ufficiali parlarono di 2.259 morti, alla fine il governo del Madhya Pradesh accertò il decesso di 3.787 persone. Ma secondo fonti indipendenti sarebbero tra gli 8mila e i 10mila i morti, a causa del gas, nelle sole 72 ore successive, e 25mila e oltre negli anni successivi. I sopravvissuti non hanno mai ricevuto un risarcimento adeguato. Il sito della fabbrica non è ancora stato decontaminato e sul posto sono state lasciate enormi quantità di composti inquinanti, che stanno avvelenando le falde acquifere, l’aria e i terreni della comunità di Bhopal.

30/11/09

Honduras: Comunicato del Frente Nacional de Resistencia



Comunicato N.40
Frente nacional de Resistencia Popular Contra el Golpe de Estado
DENUNCIA DEL FIASCO DELLA FARSA ELETTORALE
Con piena soddisfazione annunciamo al Popolo Honduregno e alla Comunità Internazionale che la farsa elettorale montata dalla dittatura è stata pesantemente sconfitta dalla esigua affluenza alle urne, tanto scarsa da portare il Tribunale Elettorale a prorogare di un’ora la chiusura dei seggi, spostandola alle 17.

Non servono occhiali per vedere ciò che sta davanti a noi. Il monitoraggio che la nostra organizzazione ha fatto a livello nazionale, evidenzia una percentuale di astenuti fra il 65 e il 70%, il più alto della storia nazionale, ha votato non più del 35% della popolazione. In questo modo il Popolo honduregno ha punito i candidati golpisti e la dittatura, che adesso cercano in tutti i modi di mostrare un volume di voti che non esiste. Denunciamo che per fare questo il regime è arrivato a portare, nel municipio di Magdalena Intibucà, militanti salvadoregni del partito ARENA, affinché potessero votare come honduregni. Dobbiamo aspettarci come minimo una manipolazione del conteggio elettronico.

La disperazione del regime di fatto è tale che ha represso brutalmente la manifestazione pacifica che si stava svolgendo nella città di San Pedro Sula, durante la marcia risultarono feriti, picchiati e quindi arrestati diversi compagni. Si riporta un desaparecido. Riportiamo inoltre fra i feriti la presenza di un fotografo della REUTER e fra gli arrestati quella di due religiosi del Consejo Latinoamericano de Iglesias che stavano svolgendo attività di osservazione dei Diritti Umani.

Considerando i risultati della farsa elettorale come una grande vittoria per il Popolo Honduregno, il Frente nacional de Resistencia invita tutto il popolo in resistenza a festeggiare la sconfitta della dittatura. Convochiamo una Grande Assemblea domani, Lunedì 30 Novembre a partire dalle 12:00 nella sede del STYBIS a Tegucigalpa e alla gran Carovana della Vittoria contro la farsa elettorale che partirà alle 15:00 da Planeta Cipango.

29/11/09

Elezioni in Honduras


Siamo arrivati alla farsa finale.
Il presidente legittimo, Manuel Zelaya, ancora ospitato nell’ambasciata del Brasile a Tegucigalpa, ha sostenuto più volte che non accetterà nessun verdetto di queste elezioni illegali, mentre solo in pochi paesi hanno rilasciato più o meno convinte dichiarazioni di riconoscimento dell'esito del voto, gli USA, Panama, Perù.
Molti canditati si sono ritirati per non rendersi pertecipi a questo imbroglio nei confronti del popolo.

Mentre la resistenza ha esortato a boicottare le elezioni e a stare in casa in segno di protesta, vi è stata una forte azione di repressione preventiva, da parte della polizia e dell'esercito, nei confronti delle organizzazioni per i diritti umani e del fronte della resistenza.
I primi dati della resistenza parlano di  strade e seggi praticamente vuote e fortemente presidiati da esercito e polizia,  con una affluenza molto bassa, mentre la stampa e le televisioni filo golpisti mostrano solo le sedi delle urne dei quartieri ricchi della capitale, le uniche con un po' di movimento e dove sono stati dislocati i pochi osservatori che si sono prestati alla burla generale.
Tra poche ore ci saranno i dati "officiali", il golpe continua...



19/11/09

La ELAM compie 10 anni



"Nelle zone con maggior carenza di medici in America Latina e nei Caraibi muoiono ogni anno oltre un milione di persone, di cui 500 mila bambini, molti a causa di malattie prevedibili e curabili. Decine di milioni di latino-americani non hanno accesso a servizi di salute. Questo accade anche in un paese immensamente ricco come gli Stati Uniti. Quelli che stanno morendo, non possono aspettare."

(Dal discorso inaugurale, il 15 novembre 1999)


Dieci anni fa, una ex installazione militare della Accademia Navale è stata trasformata nella ormai famosa Università Latinoamericana di Medicina, per dare la possibilità a migliaia di poveri giovani latinoamericani di trasformare i loro sogni, di diventare medici e quindi  di promuovere la salute, prevenire, curare e salvare migliaia di loro fratelli, tutto questo per mano della solidarietà di un piccolo paese, assediatato e "bloqueato" dalla nazione più potente del pianeta e della grande intuizione di Fidel Castro, nel 1998, sulla scia di due uragani che hanno colpito i Caraibi e l'America centrale, causando un numero impressionante di morti e danni materiali incalcolabili.
Alcuni numeri: dal 2005, quando ci fu la prima laurea della Scuola Latinoamericana di Medicina, 7256 medici si sono laureati in Medicina e Chirurgia provenienti da 45 paesi e di circa 84 etnie.
Nella speciale calssifica, i maggiori beneficiari di questo progetto sono stati Honduras con 569 laureati, Guatemala 556 e Haiti 543.
Attualmente ci sono circa 90 gli studenti nordamericani, che non possono permettersi di frequentare le Facoltà di Medicina nel loro paese, visto che il costo è molto alto: 200mila dollari per 4 anni, escludendo spese di vitto e alloggio.

Ai giovani che studiano a Cuba viene gratuitamente garantito l'alloggio, l’alimentazione e le lezioni nel centro nei due primi anni del corso, dove studiano le scienze di base per poi venire distribuiti nelle 21 facoltà di Medicina del paese, dove si formano durante i 4 anni restanti. Inoltre percepiscono, durante il corso, uno stipendio in pesos cubani, per le loro necessità.


17/11/09

Saharawi



La pesca nelle acque del Sahara Occidentale, senza il consenso del popolo saharawi è illegale.

Nessun stato del mondo riconosce l'anessione da parte del Marocco attraverso l'occupazione militare del Sahara Occidentale, ma l'Unione Europea continua a pagare, con soldi dei contribuenti europei, il Marocco per i diritti di pesca al largo delle coste dal Sahara Occidentale.
La pesca nelle acque del Sahara Occidentale non appartiene al Marocco e i reclami del Marocco sul Sahara Occidentale sono stati respinti per il Tribunale Internazionale di Giustizia, e non sono riconosciute dall'ONU. Le risorse naturali del Sahara Occidentale appartengono al suo popolo, i saharawi.
Firma la petizione FISH ELSEWHERE per intimare all'UE di smettere di firmare accordi illeciti di pesca col Marocco, in cambio dei soldi dei propri contribuenti, nelle acque del Sahara Occidentale.

Il Sahara Occidentale è stato colonizzato dagli spagnoli fino al 1975, quando, alla morte del dittatore Franco, la Spagna ha abbandonato le sue ultime colonie e, rendendo vane le speranze dei Saharawi di un referendum di autodeterminazione, ha lasciato questo territorio alle mire del Marocco e della Mauritania che lo hanno rispettivamente invaso da nord e da sud, in cambio di concessioni economiche vantaggiose per la Spagna.
Questa duplice invasione è stata tutt'altro che pacifica e dopo una iniziale resistenza di fronte a truppe ben più forti, i Saharawi più fortunati sono fuggiti verso l'unico confine praticabile, la piccola striscia che li unisce all'Algeria.
Dal 1975 nel deserto vicino a Tindouf, l'ultima città del sud algerino, si sono rifugiate circa 200.000 persone e sono stati costruiti degli immensi campi rifugiati prevalentemente composti da tendopoli, in cui vive la maggior parte del popolo Saharawi libero.

Un lunghissimo muro di pietre, sabbia e mine, costruito dai marocchini, taglia in due il Sahara occidentale, dividendo i territori occupati della pescosa costa e ricchi di miniere di fosfati, dalla RASD Repubblica Araba Saharawi Democratica. Nei territori occupati, la popolazione Saharawi è discriminata e sottoposta a un regime poliziesco. I processi non vengono effettuati e gli scomparsi sono circa 850.

Dirittto d'asilo

Ricevo e pubblico volentieri


Sono scesi facendo con le mani il segno della V di vittoria, i cinque profughi curdi in mare da giorni e respinti da Francia e Spagna.
I cinque cittadini curdi, partiti dalla Turchia diversi giorni fa, hanno viaggiato da clandestini su una nave mercantile che ha toccato i porti di Italia, Francia e Spagna e da questi rimandati indietro. È la stessa storia, la stessa odissea che accomuna le tante persone che scappano da guerre, persecuzioni personali o inflitte ad un intero popolo. Rischiare la propria vita per tentare di viverne una migliore. Ma quello che succede in mare, nei porti e alle frontiere oramai è noto.
I profughi curdi erano riusciti a mettersi in contatto con i parenti presenti in Italia, segnalando il nome della nave su cui viaggiavano e il prossimo attracco. I familiari, a loro volta, hanno avvisato alcuni avvocati genovesi. Così tutto si è svolto in fretta...
Infatti, fin dalla mattinata di domenica, in porto erano presenti gli avvocati Laura Tartarini e Fabio Taddei, l'assessore regionale Franco Zunino assieme a rappresentanti della Comunità San Benedetto, per aspettare l'arrivo della nave turca e riuscire a mettersi in contatto con i curdi a bordo per far fare loro richiesta di asilo.
Ma come sempre succede in questi casi, non è stato semplice arrivare all'obbiettivo.
La nave, giunta in porto verso le 11, era pronta a prendere subito il largo già in serata, nonostante le rassicurazioni della polizia di frontiera: “Possiamo risolvere tutto domani...”. Ma “domani” la nave non ci sarebbe più stata e nemmeno il suo carico umano.
Solo dopo una lunga trattativa, nel pomeriggio l'avv. Tartarini è riuscita a salire a bordo per incontrare i curdi, parlare con loro, esprimere la necessità di presentare domanda di asilo. Ci sono volute ore prima di vederli scendere dalla nave e solo mezz'ora prima che questa prendesse il largo.
A terra, ad aspettarli, c'erano anche i giornalisti che hanno raccolto velocemente le loro storie e le loro speranze. Da domani inizia una nuova vita il cui esito sarà tutto nelle mani della Commissione territoriale per il diritto di asilo di Torino, che avrà il compito di esaminare le domande presentate dai curdi.
Nel frattempo sono al sicuro, lontano dalla loro condanna a morte che la Turchia aveva già decretato.
Oggi, il diritto di asilo ha vinto!  Questa purtroppo, in Italia, è diventata un eccezione.

16/11/09

Honduras: alla luce i piani golpisti



Giorno di resistenza n. 142
L'accordo siglato, come si pensava, si è poi rilevato per quello che è: un modo per guadagnare tempo, avvicinarsi alle elezioni del 29 novembre e poi cominciare una campagna per il riconoscimento del nuovo governo nato dal progetto golpista ed il definitivo esonero dalla vita politica del Presidente Zelaya e della sua politica. Arrivati a questo punto c'è da pensare se questa situazione non sia stata pensata fin dal 28 giugno, in accordo e probabilmente con l'appoggio USA, che sono stati capaci di muoversi con equilibrismo e ambiguità, e solo il rientro roccambolesco di Zelaya e il suo definitivo arrivo all'ambasciata brasiliana, ha leggermente complicato i piani.
Ora il presidente legittimo Zelaya, attraverso una carta aperta all'amministrazione USA, ha detto di rinunciare definitivamente a voler ritornare al potere attraverso accordi con i golpisti, e che non riconoscerà assolutamente le elezioni di fine mese, considerandoli illegali e di nessun valore per il ristabilimento della pace e il superamento della crisi politica.

Micheletti gioca apertamente la carta del riconoscimento elettorale, insiste nel chiedere l'arrivio di osservatori internazionali e cerca alleati tra i poteri reazionari internazionali. La destra repubblicana nordamericana spinge per un riconoscimento del vincitore delle elezioni, mentre il neopresidente  di Panama, Ricardo Martinelli, ha assicurato che riconoscerà il voto elettorale, e ha chiesto di fare altrettanto alla comunità internazionale. Nel frattempo l'Internazionale Liberale ha avuto la bella idea di nominare Micheletti come vicepresidente.
Il Frente Nacional de Resistencia contra el Golpe de Estado, crollate le ultime speranze di trovare un accordo che permettesse un minimo di legalità, ha chiamato il popolo a boicottare le elezioni.

13/11/09

Obama in Asia


Prima dell'arrivo del Presidente Barak Obama in Giappone, il primo dei paesi asiatici ad essere visitato in questo nuovo tour di nove giorni, sette, cittadini giapponesi, ormai anziani, sopravissuti all'attacco nucleare statunitense su Hiroshima e Nagasaki, hanno chiesto un impegno preciso. Gli "hibakusha", come vengono chiamati i superstiti alle bombe nucleari lanciate dagli Stati Uniti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, hanno manifestato nelle immediata vicinanze dell'ambasciata USA a Tokio, per l'abolizione di tutte le armi nucleari.



Rohana Wijeweera


Il 13 novembre di 20 anni fa, nel 1989, il fondatore dirigente del Fronte di Liberazione del Popolo (JVP) venne ucciso barbaramente dalle forze di polizia dello Sri Lanka. Da due anni il JVP aveva ingaggiato una lotta senza quartiere contro un governo dittatoriale di destra che, appena giunto al potere, aveva abolito la costituzione, soppresso i fondamentali diritti democratici, messo fuori legge la sinistra rivoluzionaria.
Sul piano economico–sociale la destra aveva imboccato la via di un neoliberismo selvaggio fatto di privatizzazioni e di misure antipopolari che svendevano l’economia del paese alle multinazionali e all’imperialismo.
La dittatura aveva portato il paese sull’orlo del collasso e affamato il popolo, mentre assieme alle ingiustizie, crescevano a dismisura le ricchezze della borghesia.
Stanchi di 10 anni di tirannia, nel 1987 il proletariato e la gioventù dello Sri Lanka iniziarono una lotta con scioperi e mobilitazioni. Il governo rispose con lo stato d’emergenza e la persecuzione più feroce. Ai comunisti non restava che passare alla resistenza armata popolare o affrontare l'esilio volontario. La dittatura rispose con la ferocia, il piombo e gli squadroni della morte. Due anni di fuoco in cui persero la vita quasi 60 000 giovani, operai e contadini.
L’assassinio a sangue freddo del massimo dirigente del JVP, Rohana Wijeweera, il 13 novembre 1989, fu l’atto conclusivo dello sterminio reazionario.

10/11/09

Paraguay: indigeni "fumigados"




Il Ministro della Sanità del Paraguay, Esperanza Martinez, dopo che il Presidente del Paraguay Fernando Lugo aveva ordinato un'inchiesta, ha confermato che più di 200 indigeni, membri della comunità Ava Guarani nel reparto di Alto Paraná, risultano avvelenati dai pesticidi, con tutti i sintomi di avvelenamento, compresi nausea, vomito e mal di testa.
L'incidente si è verificato in Itakyry, 380 chilometri ad est di Asuncion, quando gli indegini sono stati fatti bersaglio da un pioggia di pesticidi lanciato da un aereo, normalmente adoperato nei campi di soia. Questo fatto aggrava ancor di più il conflitto per una disputa di 2.600 ettari di terreno tra gli indigeni  locali e i produttori di soia, in particolare quelli di origine brasiliana, che occupano il latifondo. Secondo il National Institute of Indigenous Paraguay (INDI), i produttori di soia spruzzato la zona per cercare di eliminare gli indigeni, che sostengono il diritto ancestrale alla terra.
I funzionari mandati per costatare i fatti, hanno potuto inoltre verificare ulteriori abusi ai danni degli indios, come la distruzione di un cimitero e di una scuola indigena, attraverso l'uso di ruspe.

foto d'archivio

08/11/09

Ancora stallo in Honduras



Giorno di resistenza n. 134
Rieccoci a commentare quello che è successo in Honduras in questi giorni, e come facilmente si poteva presagire, l'intesa che avrebbe dovuto sbloccare la crisi innescata con il colpo di stato del 28 giugno - quando i golpisti di Micheletti portarono via Zelaya, in pigiama, dal palazzo presidenziale e successivamente espulso in Costa Rica - in realtà serviva solo a far guadagnare giorni, da parte dei golpisti e cercare di arrivare indenni alle elezioni di fine novembre.
L'accordo sottoscritto prevedeva il ritorno di Zelaya, dopo il voto del Parlamento previa consultazione della Corte Suprema.  Ma una completa amnesia totale a Tegucigalpa fece dimenticare che fu proprio tale Corte a chiedere ai militari di spodestare Zelaya, accusandolo di aver violato la Costituzione.
Una volta tornato alla presidenza Zelaya si sarebbe dovuto attivare per la formazione di un governo di unità nazionale sotto la sua guida, ma giovedì tutto è stato stravolto dai golpisti, che si sono arrogantemente preso il diritto di formare un paraddossale "nuovo governo di unità nazionale" formato da soli membri degli stessi partiti che hanno sostenuto e difeso il colpo di Stato. In pratica un secondo golpe.

C'è da chiedersi nuovamente: ma sono d'accordo con gli Usa per questa loro condotta? 
Altrimenti si dovrebbe pensare che volutamente stiano ridicolarizzandoli e prendendoli letteralmente per i fondelli... cosa che fatico molto a credere.
Sospettoso poi che ancora prima della firma, la delegazione statunitense avesse dichiarato la riapertura dei visti extra emigranti...

Il senatore Usa, il repubblicano Jim DeMint appoggiando le pretese di continuità da parte del golpista Micheletti, si è spinto ancora più avanti, affermando che la Segretaria di Stato Hillary Clinton, gli ha promesso di accettare il risultato elettorale del 29 novembre con o senza Zelaya restituito alla presidenza.

Odore di golpe in Paraguay

Il presidente del Paraguay, Fernando Lugo, in un tenso clima politico nel paese e ad un indebolimento delle alleanze politiche che lo sostengono, ha completato il cambio della cupola militare, deponendo il Comandante delle Forze Militari, il controammiraglio Cíbar Benitez, solo 48 ore dopo aver rimosso i tre più alti comandanti militari del paese, sostituendo i capi dell'esercito, della marina e dell'aviazione.
Benitez sarà sostituito dal generale Juan Oscar Velazquez. Proprio Benitez giovedì, riferendosi ai tre cambi, aveva precisato che questo tipo di rimozioni "possono dare luogo a diverse interpretazioni", smentendo però la possibilità di un colpo di Stato. "Non sono a conoscenza di persone con intenzioni golpiste nelle forze armate", aveva precisato.

E' il terzo rimpasto dei vertici militari da quando Lugo  è salito al potere un anno e mezzo  fa, e segue le voci di golpe militare, di disordini nelle caserme e altri segnali di un tentativo di colpo di stato.
Il ministro dell'Interno del Paraguay, Rafael Filizzola, cerca di sdramattizzare ed ha affermato che più di un golpe militare, ci sono certi settori politici che desiderano utilizzare le forze armate per un colpo di stato.
Sembra di assistere allo stesso schema che ha portato al colpo di stato in Honduras, visto che mentre i generali giurano "massima obbiedenza", al capo dello stato, l'opposizione che domina Camera e Senato, minaccia di portale il Presidente Lugo a giudizio per inadempienze, accusandolo di aver dato risposte carenti contro l'insicurezza e la violenza sociale, oltre ad alcuni problemi amministrativi attribuiti al suo governo legate all'acquisizione di terreni per la Riforma Agraria.
Di certo in questi casi, i primi giorni successivi alla cacciata dei generali sono i più pericolosi...

30/10/09

Honduras, trovato un vero accordo?


Giorno di resistenza n. 125 
Sono dovuti passare quattro mesi di grande resistenza popolare, con decine di morti, centinaia di feriti e migliaia di persone fermate e imprigionate, perchè finalmente arrivasse in Honduras una delegazione nordamericana di alto livello, guidata dal segretario di stato per l'emisfero occidentale Thomas Shannon, a cui, come si poteva pensare, gli sono bastati un paio d'incontri per far cedere il golpista Micheletti, ed  obbligarlo ad accettare il ripristino di Zelaya alla legittima presidenza ed al ritorno di tutto il potere esecutivo antecedente il golpe del 28 giugno.  
Ma serviva veramente tutto questo tempo per ottenere (questo si vedrà con la firma di oggi) un accordo che sostanzialmente si basa su quello proposto dal presidente del Costa Rica Oscar Arias?
Non è che gli USA si siano accordati per accompagnare Micheletti nel suo lungo tira e molla per arrivare il più possibile a ridosso del processo elettorare del 29 novembre?

Micheletti ha ottenuto che sia il Congresso a decidere, dopo aver consultato la Corte Suprema,  La quale deve riunirsi per decidere di revocare tutti i provvedimenti riguardanti il golpe di stato.
Non sara facile per Zelaya far tornare alla normalità il paese e nello stesso tempo affrontare una campagna elettorale avvelenata in così poco tempo.




Sempre ieri è stata repressa con violenza una grande manifestazione della resistenza, con circa 50.000 persone radunate a Tegucigalpa, che in aperta sfida ai golpisti sono riusciti a marciare per le strade della capitale e avvicinarsi al Tribunal Superior Electoral,e a dimostrazione che 125 giorni di terrore e brutale repressione da parte dei militari e della polizia, non hanno avuto l'effetto sperato sulla rsistenza popolare.


28/10/09

Camilo Cienfuegos



Per commemorare i cinquant'anni dalla sua scomparsa, tra le tante iniziative, nella famosa Plaza de la Revolución, a La Habana, è stata posizionata la scultura di Camilo Cienfuegos sulla facciata del edificio del Ministero di Informatica e delle Comunicazioni. La vista della piazza adesso offre la figura dell'Héroe de Yaguajay composta dall'artista Enrique Ávila, assieme alla scultura del suo compagno di lotta Ernesto Che Guevara, dello stesso autore e appesa all'edificio del Ministero degli Interni.
foto di Roberto Morejón Rodríguez (AIN)

Nuovamente contro il Bloqueo




Oggi, mercoledì 28 ottobre, all’Assemblea Generale dell'ONU si voterà una nuova Risoluzione contro il blocco imposto dagli Stati Uniti contro Cuba dopo le numerose  manifestazioni di condanna che si sono sentite circa un mese fa dallo stesso podio del massimo organo della ONU, durante il dibattito generale annuale del 64º Periodo Ordinario di Sessioni. Vari leader hanno definito obsolete le misure contro l’isola stabilite 50 anni fa ed hanno condannato questo assedio criminale, reiterando i numerosi reclami che negli ultimi mesi ci sono stati in vari Vertici di Capi di Stato e di Governo. Per il 18º anno consecutivo, si discuterà una Risoluzione presentata da Cuba intitolata: “La necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba”.
Il governo rivoluzionario cubano ha dichiarato in numerose tribune che l’assedio degli Stati Uniti contro l’isola si mantiene intatto e costituisce un’azione di aggressione unilaterale alla quale si deve porre fine in maniera unilaterale.
Il Ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez Parrilla, parlando di fronte alla Assemblea Generale, ha avvisato che il governo nordamericano continua  a non ascoltare il reclamo della comunità internazionale di porre fine al blocco ed ha spiegato che recenti misure annunciate dalla Casa Bianca costituiscono un passo positivo, ma estremamente limitato ed insufficiente. Ha inoltre dichiarato che il presidente Obama conserva ampie facoltà esecutive con le quali potrebbe modificare l’applicazione del blocco, ed ha aggiunto che con una vera volontà di cambio, Washington potrebbe autorizzare l’esportazione di beni e servizi cubani negli USA e da questo paese verso l’Isola, astenendosi dal perseguitare, congelare e confiscare i trasferimenti bancari di terzi paesi indirizzati a entità nazionali cubane.
Ha sottolineato poi, che un buon segnale sarebbe quello di permettere ai cittadini statunitensi, di viaggiare a Cuba, che resta l’unico paese del mondo che non possono visitare. 

Il Ministro ha reiterato la disposizione di Cuba alla normalizzazione delle relazioni con gli Stati Uniti e per sostenere un dialogo rispettoso tra uguali, senza ombre per l’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione dell’Isola. 
Il blocco nordamericano contro Cuba, dal 1991, ha ricevuto una crescente condanna dai componenti dell'ONU, condanna che l’anno scorso è giunta da 185 Stati, la cifra più alta registrata in tutte le votazioni precedenti. Nell'ultima solo USA, Israele e Isole Palau hanno votato contro.

27/10/09

America Latina si sgancia dal dollaro



Nell'ultima Assemblea Generale dell’ALBA, Alternativa bolivariana per le Americhe, svoltasi a Cumana, Ii Venezuela, è stata ufficializzata la nascita, a partire dal primo gennaio 2010, della nuova moneta chiamata “Sucre”. Si tratta di una moneta inizialmente virtuale, una sorte di sistema unitario di compensazione regionale, e che sarà utilizzata negli scambi commerciali tra i paesi aderenti a questa organizzazione, ovvero Bolivia, Cuba, Repubblica Dominicana, Honduras, Nicaragua e Venezuela più l’Ecuador, ma che in futuro si trasformerà in moneta contante e  a cui potranno aderire altri paesi.
Mente le banche centrali di Brasile e Uruguay hanno firmato, questo venerdì, una lettera di intenti per creare un sistema di pagamenti in valuta locale da applicare agli scambi bilaterali e ad abbandonare il dollaro negli scambi. Gli scambi commerciali tra Brasile e Uruguay è stato di 1.878 milioni di dollari tra gennaio e settembre di quest'anno. 
Compie invece un anno di vita l'accordo firmato da Luiz Inácio Lula da Silva e Cristina Kirchner per far si che gli scambi commerciali, tra le due economie più grandi del continente, si svolgano in moneta locale. 
Non è cosa da poco, visto che 19% di tutte le esportazioni argentine hanno come destino il Brasile, mentre dallo stesso paese arriva il 32% del totale delle importazioni di Buenos Aires.

22/10/09

Uruguay al voto


Il Frente Amplio sembra nuovamente favorito nelle elezioni di domenica e punta ad arrivare alla maggioranza assoluta in Parlamento, quella maggioranza che ha permesso al precedente governo guidato da Tabaré Vázquez, di lavorare spedito e di portare a termine più di 750 progetti, con alcune importanti riforme come quella fiscale, sull'istruzione e la salute pubblica.
L'ex guerrigliero tupamaro Jose "Pepe" Mujica, il candidato alla presidenza del paese, ha a suo favore i buoni risultati ottenuti dal precedente governo di sinistra, ma se da una parte la sua immagine e i suoi modi informali e spontanei attirano molti cittadini, che lo sentono come uno di loro: "il Pepe es como nosotros, es del pueblo", toccherà invece a Danilo Astori, candidato alla vicepresidenza ed ex ministro delle finanze, rassicurare chi, di questo suo modo di essere, invece ne sono spaventati e non lo ritengono preparato ad investire un ruolo così importante.
Mujica, ha dichiarato che, una volta eletto, anche in presenza di una maggioranza assoluta, cercherà accordi sistematici con l'opposizione, specialmente attorno ai quattro punti fondamentali del suo programma: l'educazione, la protezione dell'ambiente, le politiche energetiche e la sicurezza pubblica.


19/10/09

Un americano a La Habana



Il sindaco di New Orleans, Ray Nagin, venerdì è arrivato a Cuba per sviluppare e intercambiare esperienze con il governo cubano ed il sistema di protezione delle catastrofi.

19 ottobre 1960, gli USA impongono il bloqueo a Cuba

Di questi cartelli se ne vedono molti in giro per Cuba, specialmente nei tragitti frequentati da turisti e stranieri in genere. Servono proprio a dare immediata percezione, a chi viene da fuori e si ferma pochi giorni, di quante limitazioni sono generate da quel bloqueo genocida, carenze e problematiche che spesso poi sono utilizzate a discredito dei valori della rivoluzione cubana.

Il popolo cubano invece, lo sa bene quanto gli costa il bloqueo imposto dagli USA, ne subisce le conseguenze sulla propria pelle da quasi 50 anni, con alcuni picchi al limite di vera e propria sopravvivenza, come durante il "periodo Especial" subito dopo il crollo dei paesi dell'est europeo.
Oltre ad enormi difficolta di approvigionamenti  in tutti i campi, in questi quasi 50 anni, Cuba ha dovuto cambiare almeno tre volte la propria tecnologia. Alla vittoria del primo gennaio 1959, la tecnologia meccanica, elettrica, delle comunicazioni, dei trasporti e via dicendo, era quasi totalmente nordamericana e con l'imposizione del bloqueo, vengono meno le disponibilità di pezzi di ricambio e Cuba si trova obbligata a trovare nell'URSS e nel Comecom, i suoi quasi unici soci commerciali. Questo la costringe quindi a ripiegare anche su un'altro standart tecnologico. Dagli anni novanta poi vengono a mancare in gran parte, le commesse commerciali con l'est, che erano ben l'85% di tutto il commercio cubano. Nuovamente le tecnologie debbono essere sostituite, in gran parte, con quelle europee e giapponesi, mentre ora, si affacciano come fornitori le nuove potenze economiche.

15/10/09

Thomas Sankara



Il 4 agosto 1983, in uno dei paesi più poveri dell'Africa, l'ex colonia francese della Repubblica dell'Alto Volta, incomincia l'esperienza rivoluzionaria di Thomas Sankara. Il paese prenderà il nome di Burkina Faso, "la terra degli uomini integri", e tenta una via autonoma di sviluppo con il forte coinvolgimento delle donne. Sono costruite scuole, centri di pronto soccorso per gli ammalati, dighe  pozzi per consentire ai contadini di irrigare i campi e arrivare ad una autosufficenza alimentare.

Il 15 ottobre del 1987 un colpo di stato, per mano dell’attuale presidente Blaise Compaoré, 
all’epoca, grande amico e suo braccio destro, metteva fine alla vita di Thomas Sankara e all’esperienza rivoluzionaria che rappresentava allora il Burkina Faso per tutti i popoli dell’Africa.


Il paese ripiomba nella miseria: bambini falcidiati da fame e malattie curabili, il debito estero sempre più assillante, il saccheggio delle risorse naturali da parte delle multinazionali. 
Pochi giorni prima della morte aveva affermato: “Abbiamo provato che è possibile eliminare lo sfruttamento, uscire dalla miseria e costruire la felicità per tutti. Quelli che vivono nel lusso sfruttando gli altri ci hanno combattuto e continueranno a farlo. Voi avete di che nutrirvi, ma se la popolazione è nella miseria e continua a restarci, un giorno vi impedirà di mangiare tranquillamente…”